giovedì 13 settembre 2012

F.Kafka: Un giovane studente ambizioso *


Un giovane studente ambizioso, che si era molto interessato al caso dei cavalli di Elberfeld ** ed aveva accuratamente letto e meditato tutto ciò che sull’argomento era apparso sulla stampa, decise di avviare di propria iniziativa il tentativo in questa direzione e di affrontare la cosa fin da principio in modo tutto nuovo e a suo parere incomparabilmente più accurato dei suoi predecessori. A dire il vero i suoi mezzi economici in sé non bastavano a rendergli fattibile in grande stile il tentativo, e nel caso che il primo cavallo che intendeva comprare per tale tentativo si mostrasse ostinato, ciò che può anche essere stabilito solo dopo settimane di faticosissimo lavoro, lo studente non avrebbe avuto, per un tempo piuttosto lungo, alcuna prospettiva di iniziare un nuovo tentativo. Tuttavia non se ne preoccupò troppo, perché con il suo metodo probabilmente poteva esser vinta ogni ostinazione. In ogni caso lui si portò avanti, in modo corrispondente alla sua indole, già con il calcolo delle spese che gli sarebbero toccate e con il metodo che avrebbe adottato, del tutto sistematicamente. Alla somma che gli occorreva per le strette necessità dello studio, fino a quel momento speditagli regolarmente ogni mese dai suoi genitori, poveri bottegai della provincia, a tale sostegno lui pensò di non rinunciare neppure in seguito, per quanto com’è ovvio lui dovesse abbandonare del tutto gli studi che i genitori seguivano a distanza con grandi speranze, se voleva conseguire gli attesi grandi risultati nel campo in cui ora sarebbe entrato. Che loro avessero comprensione per questi sforzi, o che magari lo incoraggiassero in tale direzione, era impensabile, lui doveva dunque tener loro segreti i suoi propositi, per quanto fosse doloroso, e mantenerli nella convinzione che lui stesse procedendo con regolarità nello studio seguito fino a quel momento. Quest’impostura ai danni dei genitori era solo uno dei sacrifici che lui aveva intenzione di imporsi per il bene della cosa. Il contributo dei genitori non poteva bastare alla copertura dei costi, prevedibilmente alti, che sarebbero stati necessari ai suoi sforzi. Lo studente perciò decise da ora d’impiegare in lezioni private la maggior parte della giornata, che fin lì era servita allo studio. La maggior parte della notte, tuttavia, doveva servire al lavoro vero e proprio. Lo studente scelse le ore notturne per l’addestramento dei cavalli non solo perché nel corso delle sue non propizie relazioni esterne era, per di più, impacciato, anche le nuove regole che lui aveva intenzione d’introdurre nell’addestramento dei cavalli lo rimandavano per vari motivi alla notte. Anche la più breve distrazione dalla vigilanza esercitata sul cavallo, secondo la sua opinione, comportava un danno irreparabile all’addestramento, perciò durante la notte lui era il più possibile sicuro. L’eccitabilità della persona e del cavallo, se durante la notte essi sono svegli e al lavoro, risulta catturata, nel suo piano si prevedeva esplicitamente. Non temeva, come altri esperti, la natura selvaggia dei cavalli, ne pretendeva di più, anzi aveva intenzione di generarla, certo non con la frusta, ma per mezzo della stimolazione causata dalla sua incessante presenza e dall’incessante addestramento. Sosteneva che nell’addestramento dei cavalli non era possibile avere alcun progresso isolato, i progressi isolati di cui si vantavano troppo, ultimamente, svariati dilettanti, non erano altro che o prodotti dell’immaginazione dell’istruttore od invece il segnale chiarissimo che mai stava per sopraggiungere un progresso complessivo, ciò che era anche peggio. Lui stesso da null’altro desiderava astenersi di più che dal conseguimento di progressi isolati, la moderazione dei suoi predecessori, che credevano, con il buon esito del calcolo dei piccoli passi, di aver già raggiunto qualcosa, gli pareva incomprensibile, in questo modo era come quando s’intendeva stabilire, nell’educazione dei bambini, che al bambino s’inculcassero isolatamente le tabelline, senza considerare che lui, cieco in paragone al mondo umano, era sordo ed insensibile. Era così completamente assurdo, gli errori degli altri istruttori di cavalli talvolta gli sembravano così spaventosamente netti che lui maturò dei sospetti perfino su se stesso, infatti era quasi impossibile che uno solo, per giunta inesperto, spinto unicamente da una sicurezza profonda e senz’altro indomabile, ma priva di verifiche, potesse aver ragione contro tutti gli intenditori.


** Cittadina non lontana da Düsseldorf. Nei primi anni del Novecento un insegnante di matematica aveva addestrato un cavallo di nome Hans a risolvere calcoli. Hans passò poi ad un abitante di Elberfeld, che fece il tentativo con altri cavalli, muli, ponies eccetera.

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