venerdì 16 febbraio 2018

Attribuzione causale in Kafka

Sto arrivando al termine della mia traduzione di Der Bau (La tana), testo che non è facilissimo da seguire, nemmeno nella traduzione di A. Rho (edizione Frassinelli) risalente agli anni cinquanta del secolo scorso, che io conservo con affetto. Naturalmente è pubblicato anche nella raccolta di racconti, a cura di E. Pocar, realizzata da Mondadori (ignoro se ve ne siano altre traduzioni). Presto lo posterò qui oppure su Scribd. Il testo descrive i timori e le manovre atte a gestire i timori di intrusioni nemiche da parte di un anziano animale che si è costruito la cosiddetta tana, in realtà un sistema di gallerie e di piazzole che in qualche modo fanno capo ad un piazzale nel quale l'animale ha sistemato le provviste, cioè gli animali da lui uccisi. Nella descrizione viene messo in scena il funzionamento della mente dell'animale che ha costruito la tana - ed il funzionamento della mente di Kafka. A parte tratti nevrotici (ossessivi) evidenti, ciò che mi ha colpito di più è la rappresentazione delle fallacie cui la (nostra) mente dà luogo nell'operare attribuzioni causali a determinati fenomeni - nel testo si tratta di un sibilo misterioso di cui l'animale (il narratore) cerca di capire la causa. 

Altri spunti: che la tana sia la pensione, cioè lo stato pensionistico d'un anziano?
L'animale protagonista è carnivoro e abbastanza grosso da assalire topi e ratti.
L'immagine del labirinto induce a pensare al Minotauro.
Il protagonista con i suoi giri nella tana ricorda Gregor Samsa ne La metamorfosi.
Il testo è la tana di Kafka che parla d'una tana animale di cui K esplora le difficoltà anche in fatto di logica.
A proposito del sibilo: lezioni di fallacia cognitiva.
Il protagonista vagamente è scimmiesco.
La piazza centrale della tana (Burgplatz) come corpo sempre disponibile.
A proposito del sibilo: il silenzio, come disse J.Cage, non esiste.
Pare che si tengano d'occhio i sintomi d'una malattia, con l'attenzione al sibilo.
N.B. La tana è certo buia, ma K pare che se ne scordi.

venerdì 2 febbraio 2018

Pudore di Kafka

Traducendo il racconto intitolato "La tana" (Der Bau significa in genere: la costruzione ) mi è venuto da pensare che una spiegazione ipotetica della richiesta di K all'amico Max Brod di distruggere l'opera sua, dopo che fosse morto, potrebbe risiedere in un senso di pudore. Mi spiego, traducendo Der Bau, interessantissimo ma anche ozioso, dove la rappresentazione della nevrosi è forse nevrotica, della psicosi è forse psicotica, ho pensato che K possa da ultimo essersi "vergognato" dei suoi innegabilmente strani scritti, e che sia stato travolto dal pudore. Lo propongo con tutta la comprensione che riesco a raccogliere e che in questo blog sto dimostrando, nello stesso tempo insisto: di aver speso ore per scrivere Der Bau, che ne so, ma anche "Investigazioni di un cane", eccetera, si può a momenti essere fieri, a momenti si può pentirsene. 
Come di stare chiuso in una stanza a tradurli!

Per altro (19 ottobre 2018) recentemente ho pensato che K avrebbe voluto essere uno scrittore vero, a quanto ne so per Amerika pensava a modelli dickensiani; avrebbe voluto scrivere romanzi come gli altri, ma, non essendone capace, ecco la vergogna e la richiesta a Brod di distruggere le carte, dopo che lui K fosse morto, come sapeva bene. Del resto, per venire a un altro grande, Carlo Emilio Gadda, nemmeno lui fu capace quasi mai di arrivare davvero a terminare ciò che magari, stufo, definiva una boiata. 
Il non riuscire di K, come scrittore, è naturalmente la sua cifra - eccellente.