lunedì 12 novembre 2012

F.Kafka: La questione delle leggi


Sfortunatamente le nostre leggi non sono conosciute da tutti, esse sono il segreto del piccolo gruppo di aristocratici che ci governa. Siamo convinti che queste vecchie leggi vengano rispettate, tuttavia esser governati secondo leggi che non si conoscono è molto angoscioso. Non penso, a questo proposito, alle differenti possibilità d’interpretazione ed agli svantaggi che comporta il fatto che solo il singolo, e non tutto il popolo, può partecipare all’interpretazione. Tali svantaggi forse non sono davvero molto grandi. Le leggi sono in fin dei conti così vecchie, centinaia di anni sono serviti alla loro interpretazione, pure quest’interpretazione è divenuta legge, le possibili libertà d'interpretazione certo rimangono sempre, ma sono molto circoscritte. Inoltre l’aristocrazia non ha certamente alcuna ragione di farsi influenzare dal suo proprio interesse a nostro svantaggio per mezzo dell’interpretazione, dato che le leggi, certo, dal loro inizio in poi sono fissate a vantaggio dell’aristocrazia, l’aristocrazia sta fuori dalla legge, e per questo la legge sembra già essere esclusivamente in mano all’aristocrazia. In questo c’è saggezza – chi dubita della saggezza delle vecchie leggi? – per quanto penoso, ciò è necessario.
Del resto quest’apparenza di leggi è solo oggetto di congettura. E’ una tradizione che esse esistano e siano affidate come un segreto all’aristocrazia, ma perché sono antiche, e la loro antichità non è del tutto una tradizione degna di credito, e non può esserlo, poiché la natura di queste leggi esige anche la segretezza della loro esistenza. Per cui, se noi del popolo dai tempi più antichi seguiamo attentamente l’agire dell’aristocrazia, se disponiamo dei commentarii eseguiti dai nostri progenitori e li abbiamo scrupolosamente seguiti, e se pensiamo di riconoscere negli innumerevoli fatti certe linee generali che permettono di concludere su questa o quella determinazione legale, e se noi tentiamo, dopo queste conclusioni scrupolosamente vagliate ed ordinate, di prepararci al presente ed al futuro – ecco, tutto è altamente incerto e forse è soltanto un gioco dell’intelligenza, poiché forse queste leggi che noi tentiamo di indovinare dopotutto non esistono. C’è un piccolo partito che è davvero di quest’opinione e tenta di dimostrare che, se una legge esiste, essa può soltanto recitare: quel che fa l’aristocrazia è legge. Questo partito vede solo atti arbitrari dell’aristocrazia e rifiuta la tradizione popolare, che secondo la sua opinione porta soltanto vantaggi minimi casuali mentre provoca soprattutto grave danno in quanto dà al popolo, di fronte agli eventi futuri, una falsa sicurezza che induce troppo alla noncuranza. Questo danno è innegabile, ma la maggioranza di gran lunga preponderante del nostro popolo ne vede le cause nel fatto che di tradizione ancora non ce n’è assolutamente abbastanza, che dunque ancora molto in essa si deve ricercare, e che la sua materia, per quanto ci sembri colossale, è ancora scarsa, e che devono trascorrere ancora secoli prima che basti. Per il presente l’opacità di questa prospettiva ravviva solo la fede che verrà una buona volta un tempo in cui la tradizione ed il suo studio, per così dire con un sospiro di sollievo, si arresti, tutto sia diventato chiaro, la legge appartenga al popolo e l’aristocrazia scompaia. Questo non è detto con odio verso l’aristocrazia, no davvero e da nessuno, piuttosto noi odiamo noi stessi perché ancora non sappiamo diventare degni della legge. Ecco la ragione per cui quel partito, certo molto allettante, che non crede ad alcuna legge, è rimasto così piccolo: perché anch’esso riconosce in pieno l’aristocrazia e il suo diritto a durare. Ciò si può esprimere in una sorta di contraddizione: un partito che rifiutasse, accanto alla fede nelle leggi, anche l’aristocrazia, avrebbe immediatamente l’intero popolo dietro di sé, ma un simile partito non può formarsi perché nessuno osa rifiutare l’aristocrazia. Noi viviamo sul filo di un coltello simile. Uno scrittore ha una volta riassunto la cosa in questo modo: l’unica evidente indubitabile legge che ci viene imposta è l’aristocrazia, e noi dovremmo volerci privare di quest’unica legge?



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