mercoledì 18 luglio 2012

F.Kafka: Difensore *


C’era molta incertezza sul fatto che io avessi il difensore, intanto non ero capace di sapere con precisione alcunché, ogni faccia mancava di affabilità, la maggior parte delle persone che incontravo e che urtavo di continuo negli ambulacri avevano l’aspetto di vecchie donne incinte, dei grandi grembiali a strisce blu e bianche nascondevano loro tutto il corpo, si sfioravano il ventre e andavano lentamente avanti e indietro. Non riuscivo neanche a sapere se ci trovavamo in un tribunale. Certi indizi lo confermavano, molti no. A parte tutti i dettagli, quello che mi ricordava di più un tribunale era un boato che si poteva di continuo sentire a distanza, non si sapeva da quale direzione, colmava tanto ogni spazio che si poteva ammettere che provenisse da ogni parte oppure, ciò che sembrava ancora più corretto, che il posto stesso dove fortuitamente ci si trovava fosse il vero e proprio luogo di tale boato, ma era di sicuro un’illusione, perché quello veniva da lontano. Questi ambulacri, stretti, dal semplice soffitto a volta, rallentati da cambi di direzione, con alte porte parsimoniosamente ornate, sembravano addirittura creati allo scopo di accrescere il silenzio, come corridoi di un museo o di una biblioteca. Se tuttavia non si trattava assolutamente di un tribunale, perché poi cercavo un difensore lì? Perché più di tutto desideravo un difensore, necessario più di tutto, certo utile meno in tribunale che altrove, dato che il tribunale giudica secondo la legge si deve accettare che agisca nell’occasione in modo ingiusto o sventato, sia pure al prezzo della vita si deve aver fiducia che il tribunale apra spazi alla maestà della legge, perché tale è il suo unico dovere, però nell’ambito della legge tutto è imputazione, difesa e giudizio, l’intrusione autonoma di una persona sarebbe qui un sacrilegio. D’altra parte le cose cambiano in merito alla fattualità di un giudizio, questo si basa su accertamenti, su indagini varie, particolarmente brevi, presso parenti ed estranei, amici e nemici, presso la famiglia e il pubblico, la città e il paese. In questo caso è urgentissimamente necessario il difensore, difensori in quantità, difensori al meglio, uno accanto all’altro, un muro vivente, perché i difensori sono per loro natura molto lenti, le imputazioni, invece, queste volpi astute, queste donnole leste, questi topolini invisibili, sgusciano nelle minime falle, scivolano tra le gambe dei difensori. Attenzione, dunque! Ecco perché mi trovo qui, faccio incetta di difensori. Ma ancora non ne ho trovato nessuno, soltanto queste vecchie vanno e vengono di continuo, se non fossi qui a cercare, mi verrebbe da addormentarmi. Non sono nel posto giusto, sfortunatamente non posso respingere l’impressione di non essere nel posto giusto. Dovrei essere in un posto dove s’incontrano persone di ogni genere, di svariate contrade, di ogni città, di ogni mestiere, di età varie, dovrei avere la possibilità di scegliere tra molti gl’idonei, gli amichevoli, coloro che hanno nei miei riguardi un certo riguardo. Al meglio sarebbe adeguata forse una grande fiera annuale. Invece sto vagando per questi ambulacri dove riesco a vedere soltanto queste vecchie donne, anche poche e sempre ogni volta le stesse, e nonostante la loro lentezza lo stesso non si fanno intercettare da me, mi scappano, stanno sospese come nubi gonfie di pioggia, tutte occupate in faccende ignote. Perché corro alla cieca in un edificio, non leggo quel che c’è scritto sulla porta, rimango negli ambulacri, resto fermo qui con un’ostinazione tale che non so ricordare di essere mai stato davanti all’edificio, di aver mai fatto le scale di corsa. Tuttavia indietro non posso andare, questa perdita di tempo, quest’ammissione di aver sbagliato strada, mi sarebbero insopportabili. E che? Riscendere giù una scala  in questa breve precipitosa vita accompagnata dall’impazienza di un boato? Impossibile. La dose di tempo che Ti è concessa è tanto breve che Tu, se perdi un secondo, hai già perso tutta la Tua vita, perché essa non è lunga di più, lo è sempre soltanto come il tempo che perdi. Hai dunque iniziato una strada, continuala comunque, puoi soltanto vincere, non corri alcun pericolo, forse alla fine cadrai, ma se Ti fossi, già dopo i primi passi, girato indietro e fossi ridisceso giù per la scala, saresti ugualmente caduto all’inizio, non forse, ma con certezza. Non trovi niente negli ambulacri, apri le porte, non ci trovi niente dietro, c’è un altro piano, di sopra non trovi niente, non c’è pericolo, sali altre scale, fin quando non smetti di salire i gradini non terminano, essi aumentano verso l’alto sotto i Tuoi piedi che salgono.

* Avvocato, ma è banale.


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