venerdì 30 settembre 2016
La via verso Ramsete
Butterford, dove sono diretti i due farabuttelli incontrati per caso nel secondo capitolo di America da Karl, è un luogo immaginario, potrebbe essere l'anagramma di Butterdorf, villaggio del o di burro, e richiamare del resto il Butterbaum, albero del burro o di burro, del primo capitolo, un altro passeggero della nave che ha portato Karl in America - "in Egitto". Ciò potrebbe dar luce alla "via verso Ramses" che dà il titolo al quarto capitolo. Ramses non esiste, significa Ramsete, nome di diversi faraoni. Tramite un certo Zimmermann, che ha scritto (2004) un libro di "lettura avanzata" su America, ho trovato che una certa E.Beck, autrice di un libro (1972) su Kafka e il teatro yiddish, sostiene che K nel 1911 vide un'opera teatrale del genere, in cui un personaggio paragonava l'America all'Egitto, da cui più o meno miticamente gli ebrei fuggirono. Ora, il "continente sconosciuto" di cui si parla nel primo capitolo, potrebbe essere questo faraonico Egitto - l'America. C'è un però: Karl non è un ebreo.
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mercoledì 28 settembre 2016
Kafka e i due elettricisti in convento - cerimoniosità
Il diverbio (capitolo 4 di America) tra Karl e i suoi due compagni da poco incontrati, Robinson e Delamarche, vivacissimo in sé, è reso dalla penna di Kafka alquanto cerimonioso, trattandosi di tre ragazzi, due dei quali pratici della strada e delle sue delicatezze.
Mi ha fatto tornare in mente una barzelletta: due operai elettricisti all'opera in un convento di suore sono richiamati dal padrone. "La madre superiora s'è lamentata di voi, dice che avete bestemmiato e detto una marea di parolacce!" dice il padrone. "Noi? Ma no, è successo che Gigi mentre saldava, e io ero sotto di lui, m'ha fatto colare nel collo un po' di piombo fuso, allora io gli ho detto: ma Gigi, perdindirindina, dovresti fare un po' più di attenzione quando adoperi il saldatore!" risponde uno degli operai.
Forse però è la lingua tedesca di Kafka, a non funzionare, oppure lo stile cerimonioso gli serve, a K, per raggelare le scene?
In effetti nel testo si accenna alla cerimoniosità "europea" di Karl, nel capitolo intitolato "Il caso Robinson". Il protagonista è rimproverato dal portiere dell'albergo perché in qualche caso si sarebbe dimenticato, incontrandolo, di salutarlo. E Karl si difende, tra l'altro, dicendo che sta imparando in America uno stile meno cerimonioso di quello suo abituale.
Mi ha fatto tornare in mente una barzelletta: due operai elettricisti all'opera in un convento di suore sono richiamati dal padrone. "La madre superiora s'è lamentata di voi, dice che avete bestemmiato e detto una marea di parolacce!" dice il padrone. "Noi? Ma no, è successo che Gigi mentre saldava, e io ero sotto di lui, m'ha fatto colare nel collo un po' di piombo fuso, allora io gli ho detto: ma Gigi, perdindirindina, dovresti fare un po' più di attenzione quando adoperi il saldatore!" risponde uno degli operai.
Forse però è la lingua tedesca di Kafka, a non funzionare, oppure lo stile cerimonioso gli serve, a K, per raggelare le scene?
In effetti nel testo si accenna alla cerimoniosità "europea" di Karl, nel capitolo intitolato "Il caso Robinson". Il protagonista è rimproverato dal portiere dell'albergo perché in qualche caso si sarebbe dimenticato, incontrandolo, di salutarlo. E Karl si difende, tra l'altro, dicendo che sta imparando in America uno stile meno cerimonioso di quello suo abituale.
venerdì 23 settembre 2016
Kafka e la giungla d'asfalto
Traducendo Der Verschollene, che significa "lo scomparso", conosciuto come America (bel titolo scelto dal non esecutore testamentario di Kafka, Max Brod), già tradotto negli anni sessanta per Mondadori, non so se anche dopo da altri, trovo descrizioni di cose americane, come il traffico stradale, viste con gli occhi d'un europeo, che è il protagonista del romanzo, ed è anche Kafka, mai stato in America. Che ignora o rifiuta il lessico settoriale, usa perifrasi. Prende cantonate, come quando attribuisce alla Statua della libertà una spada, al posto della fiaccola, o fa dar di mancia a un cameriere uno scellino. Accade un poco come quando si legge una traduzione d'un romanzo americano fatta quando la cultura materiale americana (jeans, juke box, jeep, hamburger) era qui del tutto ignota ai traduttori. Penso a Giungla d'asfalto.
Le perifrasi americane di Kafka aiutano a capire la distanza tra Europa e Nord America, cent'anni fa più grande di quanto lo è ora.
Le perifrasi americane di Kafka aiutano a capire la distanza tra Europa e Nord America, cent'anni fa più grande di quanto lo è ora.
sabato 17 settembre 2016
Uno scellino di mancia
Nel terzo capitolo di America il protagonista, Karl Rossmann, dà "uno scellino" di mancia al servitore che lo ha accompagnato lungo i corridoi nella casa buia dove si svolge di fatto l'azione dell'uscita di Karl dalla soffocante protezione dello zio. Siamo nei dintorni di New York, Karl si trova negli Stati uniti da un bel po', ragione per cui lo scellino dato al servitore come mancia è un lapsus dell'autore. Una svista, un errore, come la spada affibbiata alla Statua della Libertà al posto della fiaccola, nel primo capitolo. Come Karl si diverte a suonare vecchi canti malinconici militari della sua terra natia, così Kafka gli mette in mano uno scellino per la mancia, al posto di un "dime", di un soldino da dieci centesimi.
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