mercoledì 7 agosto 2013

Schermaglie kafkiane (1)

Opera giovanile di Kafka, "Descrizione di una battaglia" (o di una contesa, o lotta, se volete: io direi "schermaglie"), ha due stesure diverse, la A e la B. Esse hanno in comune, a parte molte piccole varianti che c'interessano fino ad un certo punto (quello dove inizia la filologia), l'inizio. 
Il narratore incontra un giovane, diremmo coetaneo, durante una serata borghese, a un ricevimento; il tizio, che nelle due versioni è denominato come "conoscente", mai come "amico", confida al narratore di aver trascorso momenti assai piacevoli insieme ad una fanciulla, Annetta, in una stanza della casa dove si sta svolgendo il ricevimento. Il narratore è sorpreso di tale imprevista confidenza, i due iniziano a parlare a voce alta; ciò attira la curiosità di alcuni degli invitati, e il narratore si toglie dall'impaccio fingendo di accettare una proposta del conoscente, strana, ma "decente"com'è uscire per una passeggiata rinfrescante fino al Laurenziberg, dato che fuori ha iniziato a nevicare.
Da una parte il narratore, che da solo gusterebbe dei pasticcini e sorseggerebbe un liquore, tutto qui, dall'altra l'espansivo conoscente, che si è dato un certo daffare prima con l'Annetta, se non anche con una cameriera che accompagna i due fino alla porta d'uscita della casa. 
Il narratore è assai alto, l'altro è piccolino, ciò ci serve a distinguerli nella notte praghese e nelle loro schermaglie. Sono fuori, in strada, l'Alto medita di liberarsi del Basso senza troppi indugi, ma qualcosa lo trattiene dall'andare a casa - nella sua solitudine abituale. Il Basso è un bel tipo, del resto al Basso l'espediente mondano dell'Alto forse è piaciuto, insomma: un poco sono già legati. Camminano, arrivano al parapetto del lungofiume, tacciono, l'Alto aspetta che il Basso gli racconti tutta la sua avventura amorosa, ma il Basso sembra preso dai suoi pensieri, al massimo canticchia. A un tratto dice all'Alto, che ora cammina curvo allo scopo di non offenderlo con la sua altezza: "lei è comico", ciò che attira l'attenzione dell'Alto, tutto scombussolato per essersi conquistato un'etichetta così, meglio che nulla,  senza aver fatto alcuna fatica; adesso vorrebbe sentirne ancora, ma prima s'immagina che il Basso l'indomani parli di lui, l'Alto, con l'Annetta, che lo descriva strano come lui si sente, e brutto, pieno di forfora appiccicata al cappotto*, ma esce da tale fantasticheria con la paura di essere aggredito proprio dal Basso, infine stacca la corsa, scappa, ma inciampa e cade, siamo nei pressi del Ponte Carlo.
Dolorante, a terra, medita di restare disteso fino all'alba, poi vede il Basso arrivare, infine conclude così: "Senta, mi racconti la sua storia, ma non a pezzetti, tutta intera, ho una voglia matta di sentirla, ma intera, non a spizzico. Sarò una tomba".

Qui finisce la prima parte nella versione B, poco diversa dalla A, salvo per quest'ottima raccomandazione, da ingenuo, o da furbacchione? Come se fosse semplice narrare tutto per filo e per segno! Da qui in poi il testo parte, diventa strano, esce dalla realtà. 

Ciò indusse chi scrive, un anno fa, a passare alla versione A, per vedere se anche in questa ci fosse l'uscita dalla realtà, o no. Sì, anche nella A si vaneggia.

("Descrizione di una battaglia" è leggibile nelle Opere (Mondadori), o in "K era un gran prestigiatore" (mia traduzione postata in Scribd). 

* Ci permettiamo di osare l'ipotesi che il traduttore mondadoriano non abbia colto questo dettaglio.

(continua)

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