Un anziano maestro di scuola di
paese pubblica un breve testo sull’avvistamento di una gigantesca
talpa. L’evento “talpa gigante” e le voci relative richiamano
sul luogo dell’avvistamento non pochi curiosi, ed attirano
l’attenzione di un giovane commerciante della vicina città. In
quale parte del mondo ci si trovi, non sappiamo. Si parla di
carrozze, di ferrovia, di società scientifiche, di associazioni di
maestri, di un periodico di economia agraria.
Ne
Il
maestro di scuola di paese,
scritto da Franz Kafka nel 1915, ha la parola il commerciante di
città, che narra di aver pubblicato a sua volta un testo in merito
alla fondatezza dell’avvistamento della talpa, e di aver tentato
senza successo di diffonderlo.
Il racconto di Kafka
coincide dunque con il racconto in prima persona del commerciante,
mentre i due testi diciamo scientifici pubblicati prima dal maestro,
poi dal commerciante, restano più o meno ignoti al lettore. Lo
scritto del maestro sappiamo che s’intitola “Una talpa tanto
grossa come ancora nessuno l’ha vista”.
Della talpa si dice
poco e nulla, poco dei testimoni, mentre un certo spazio viene dato
all’immagine della scienza che il commerciante, evidentemente
avveduto, propone. Egli narra soprattutto del suo difficile rapporto
con l’anziano maestro.
Mentre il maestro
crede che sia esistita la gigantesca talpa (di un paio di metri), e
consacra la sua vita a tale fede, il commerciante è più interessato
a difendere il maestro dal ridicolo che quella fede in definitiva gli
ha tirato addosso, che non alla talpa. Il commerciante, che si
dichiara non zoologo, riascolta i testimoni dell’avvistamento, in
certo modo rifà l’indagine del maestro, pur senza averne letto,
deliberatamente, il testo. Sono due dilettanti, entrambi esterni al
mondo della scienza: il maestro è uno scienziato ingenuo, il
commerciante è un epistemologo free lance; il maestro s’impegna
con la cosa, il commerciante con la procedura del maestro, e, nel suo
racconto, tratta soprattutto del suo rapporto con il maestro, lui un
giovane, l’altro un anziano, lui dotato di cultura, l’altro solo
di fede.
Il
racconto di Kafka non è intitolato, ad effetto, “La talpa
gigante”, ma Il
maestro di scuola di paese.
Non che l’autore de La
trasformazione
(“Metamorfosi”, se si è affezionati al più famoso titolo in
italiano di Kafka) sia riluttante davanti agli animali immaginari,
anzi. Qui tuttavia sembra prenderne le distanze, occupandosi d’altro
immaginario, nel dettaglio dell’intrigo dei rapporti tra il
commerciante e il maestro, tra il campagnolo e il cittadino, tra il
giovane e l’anziano, tra lo scopritore e il critico, tra chi ha
denaro e chi non ne ha, tra chi è arrivato prima e chi è venuto
dopo. Tra “la verità” (a cura del maestro) e “la credibilità”
(a cura del commerciante).
Commentare
questo racconto in merito all’intrigo relazionale tra i due
protagonisti ed a quello personale psicologico del commerciante,
aggiungerebbe,ai due, un terzo personaggio, quello del lettore
odierno, dunque il racconto di Kafka è una trappola, come la
faccenda della talpa è una trappola per il maestro e, dopo, per il
commerciante. La eviteremo, lasciando ad altri il “piacere” di
leggere, per esempio nella traduzione di Anita Rho, se non in
tedesco, “La talpa gigante”, ne Il
messaggio dell’imperatore,
Torino 1958. Se non nell'edizione a cura di Ervino Pocar, Tutti
i racconti,
Milano 1970.
Il commerciante
cerca di promuovere il suo scritto “scientifico”: un periodico di
economia agraria gli dedica una noterella ironica stampata a
caratteri piccoli in una delle ultime sue pagine; si capisce che i
responsabili del periodico, nella fretta liquidatoria, han creduto di
trovarsi di nuovo davanti al testo del maestro. La confusione che i
responsabili fanno tra i due scritti non è interessante perché
indica che non si è letto, da parte dei responsabili del periodico,
né il primo né il secondo scritto, ma perché suggerisce che il
maestro, ingenuo scienziato dilettante, ha dato luogo, con il suo
scritto ad un campo che ingloba ogni commento.
Non se ne esce, così
come il commerciante non riesce ad indurre il maestro ad andarsene da
casa sua, da ultimo: si è piazzato a sedere, fuma la sua pipa
puzzolente e sembra che non se vada proprio più, il testardo
vecchietto.
In quanti, a volte,
crediamo nell’esistenza di “talpe giganti”?
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