mercoledì 8 agosto 2012

F.Kafka: Meditazione sui signori cavalieri


A pensarci, nella volontà di primeggiare in una gara nulla è allettante. La gloria di essere riconosciuto come il miglior cavaliere della regione rallegra troppo, quando l’orchestra attacca, perché il giorno dopo si riesca ad evitare il rimorso.
L’invidia degli avversari, scaltri, gente importante, non può non dispiacere, ora, nello stretto passaggio tra due ali di folla in cui si cavalca dopo il pendio, che invece era vuoto fino al punto dove qualche avversario doppiato cavalcava minuscolo contro la linea dell’orizzonte.
Molti nostri amici intanto s’affrettano a incassare la loro vincita e, con aria d’indubitabile superiorità, urlano, dallo sportello laggiù, il loro hurrà al nostro indirizzo; i migliori amici, di nuovo, non hanno assolutamente puntato sul nostro cavallo, perché temevano che finisse perdente, forse ce l’hanno con noi, ma ora che il nostro è arrivato primo e loro non hanno vinto nulla, si voltano dall’altra parte, se noi ci facciamo avanti e guardiamo soddisfatti verso la tribuna.
I concorrenti sconfitti, saldi in sella, cercano di valutare la sfortuna che li ha colpiti e l’ingiustizia che in qualche modo gli è stata fatta; prendono un’aria gagliarda, come se dovessero cominciare una nuova corsa seria, dopo la prima, quella dei bambini.
A molte signore il vincitore appare ridicolo, perché mena vanto, eppure non sa come contenersi con le infinite strette di mano, saluti, inchini, richiami da lontano, mentre gli sconfitti tengono la bocca chiusa e danno colpetti sul collo dei loro cavalli che, quasi tutti, nitriscono.
Infine, dal cielo diventato fosco, comincia anche a piovere.



Nessun commento:

Posta un commento