mercoledì 22 agosto 2012

F.Kafka:Vita in città.


Oskar M. uno studente fuori corso – a guardarlo da vicino ci si spaventava – rimase un pomeriggio d’inverno nel pieno d’una nevicata in una piazza vuota in piedi vestito da inverno la giacca invernale sopra uno scialle al collo e in testa un berretto di pelliccia *. Riflettere gli faceva stringere gli occhi. Tanto si era perso nel pensare che si tolse il berretto e si passò sulla faccia la pelliccia increspata. Infine parve arrivato ad una conclusione e si girò con un volteggio verso la via di casa. Come aprì la porta del soggiorno della casa dei suoi genitori vide suo padre un uomo ben rasato dal volto pesantemente carnoso seduto davanti a un tavolo vuoto le spalle rivolte alla porta. “Era ora” ** disse il padre non appena Oskar ebbe messo piede nella stanza fammi il piacere di restare sulla porta perché ce l'ho talmente con te che non mi fido di me stesso. Ma padre disse Oskar accorgendosi da come parlava quanto si era affannato. Silenziò gridò il padre e si alzò con il che nascose la finestra alla vista. Silenzio ti ordino. E smettila con i tuoi ma tienilo a mente. Nel dir così afferrò con entrambe le mani il tavolo e lo spostò di un passo verso Oskar. La tua vita da scioperato non la sopporto semplicemente più. Sono vecchio. In te credevo di avere una consolazione per la vecchiaia invece sei per me peggio di ogni malattia. Vergogna un figlio del genere che a forza di pigrizia dissipazione malvagità e stupidità porta il suo vecchio padre nella fossa. A questo punto il padre tacque ma il viso gli tremava come se parlasse ancora. Caro padre disse Oskar e cautamente si avvicinò al tavolo, calmati andrà tutto bene. Oggi m’è venuta un’ispirazione che farà di me un uomo tanto operoso quanto puoi augurarti. Sarebbe? Domandò il padre guardando da una parte. Fidati di me e basta a cena ti spiegherò tutto. Dentro di me sono sempre stato un bravo figlio solo che non riuscivo a farlo vedere mi amareggiavo tanto perché non ero capace di onorarti invece ti facevo arrabbiare. Ma ora lasciami andare un po’ a camminare perché si sviluppino con più chiarezza i miei pensieri. Il padre che facendosi dapprima attento si era seduto al tavolo si alzò: non credo che le cose che hai detto or ora significhino molto, al contrario le considero chiacchiere. Ma in fin dei conti sei mio figlio – vieni a casa per tempo ceneremo e dopo puoi esporre la tua cosa. Questo po’ di fiducia mi basta, te ne sono grato di cuore. Non dovrò mica accorgermi di aver preso con te un impegno gravoso? Ora non vedo niente disse il padre ma può essere anche colpa mia perché sono fuori esercizio in particolare nel giudicarti. Intanto secondo la sua abitudine dava meticolosi colpi ritmati sul piano del tavolo come segnasse lo scorrere del tempo. La cosa più importante tuttavia è che non ho più nessuna fiducia in te Oskar. Quando qualche volta ti sgrido – appena sei arrivato del resto ti ho sgridato, no? – non lo faccio nella speranza di migliorarti ma perché penso alla tua povera madre che in questo preciso momento forse non prova alcun dispiacere a causa tua però lentamente va in rovina sforzandosi di prevenirne uno in arrivo perché pensa con questo di aiutarti in qualche modo. Infine sono cose che sai molto bene ed io per quanto mi riguarda non le avrei ricordate se tu non mi ci avessi stuzzicato con le tue promesse. Nel bel mezzo di queste ultime parole entrò la servetta per dare un’occhiata al fuoco nella stufa. Appena ebbe lasciato la stanza Oskar protestò: ma padre! Non me lo sarei aspettato. Se mi fosse venuta diciamo solo una modesta ispirazione per la mia tesi di laurea che sì riposa nel cassetto già da 10 *** anni e manca di mordente è possibile anche se improbabile che io come è successo oggi sarei corso a casa dopo la passeggiata e avrei detto: padre per fortuna mi è venuta questa e quest’altra ispirazione. Se tu poi mi avessi gettato in faccia i tuoi rimproveri con la tua venerabile voce allora la mia ispirazione sarebbe stata semplicemente spazzata via e avrei subito dovuto con o senza qualche scusa mettermi in marcia. Ora al contrario! Tutto quel che dici contro di me è d’aiuto alle mie idee, esse non stanno a sentire, fortificandosi mi riempiono la testa. Andrò  perché soltanto stando da solo posso metterci ordine. Nel calore della stanza lui trasse un respiro. Può darsi anche che tu abbia in testa una sciocchezza disse il padre sgranando gli occhi infatti io credo che sia quel che ti si addice. Se pure qualcosa di buono si è disperso in te ti sfugge via durante la notte. Ti conosco. Oskar storse la testa come se lo tenessero per il collo. Fammi andare ora. Stai tormentandomi troppo. La semplice possibilità che tu sappia prevedere giusto come mi va a finire non dovrebbe davvero indurti ad interrompere la mia buona riflessione. Forse il mio passato te ne dà il motivo ma non dovresti approfittartene. Considera meglio quanto dev’esser grande la tua mancanza di sicurezza se ti costringe a parlare così contro di me. Niente mi costringe disse Oskar e di colpo tese la nuca. Si avvicinò moltissimo al tavolo così che non si seppe più chi dei due ne fosse il padrone. Quel che dicevo lo dicevo con rispetto e perfino con amore per te come del resto vedrai tra poco perché nelle mie decisioni il rispetto per te e mamma ha la parte maggiore. Te ne sono grato già da ora disse il padre perché è molto improbabile che tua madre ed io ne saremo capaci al momento giusto. Per favore però padre lascia che il futuro continui a dormire come merita. Infatti se lo svegliamo in anticipo, poi abbiamo un presente assonnato. Tuo figlio deve per prima cosa dirti questo. Non volevo certamente convincerti subito ma annunciarti solo la novità. E almeno questo mi è riuscito come devi ammettere. Ora Oskar mi stupisci veramente ancora: perché non sei già venuto altre volte da me come oggi con una faccenda così secondo il tuo solito carattere? No davvero si tratta della mia serietà.
Di sicuro invece di ascoltarmi mi avresti interrotto. Sono venuto di corsa lo sa Dio per darti velocemente una gioia. Ma non posso rivelarti niente fino a quando il mio piano non è completo. Perché mi rimproveri in questo modo per una mia buona idea e vuoi avere chiarimenti che però ora potrebbero danneggiare l’attuazione del mio piano?
Taci perché non voglio sapere nulla. Ma devo risponderti subito perché ti avvicini di nuovo alla porta ed è chiaro che hai in testa qualcosa di urgente: hai placato con il tuo gioco di prestigio la mia nascente rabbia solo che ora sono più triste di prima per la mamma e perciò per favore – se insisti posso anche pregarti – almeno non dirle nulla delle tue idee. Mi basta questo.
Non è certo mio padre che parla in questo modo esclamò Oskar che già si era appoggiato con il braccio alla maniglia della porta. Questo pomeriggio ti è successo qualcosa o sei una persona estranea che ora incontro per la prima volta nel soggiorno di mio padre. Il mio padre vero – Oskar tacque un momento tenendo aperta la bocca – avrebbe dovuto abbracciarmi e avrebbe chiamato la madre. Cos’hai padre?
Faresti meglio a cenare con il tuo vero padre secondo me. Sarebbe più allegro.
Verrà subito. In fondo non può restare assente. E dev’esserci la madre. E Franz che adesso vado a chiamare. Tutti. Dopodiché Oskar spinse la porta che pure si muoveva morbida come se avesse intenzione di sfondarla con la spalla.
Arrivato all’abitazione di Franz si chinò sulla padroncina di casa con queste parole: il signor ingegnere so che dorme non importa e senza badare alla signora che scontenta della visita si aggirava a vuoto nell’anticamera aprì la porta a vetri che tremò nelle sue mani come se fosse costretta a un lavoro indelicato e gridò senza garbo in direzione della camera ancora invisibile: Franz alzati. Ho bisogno del tuo consiglio speciale. Però qui no dobbiamo andare un po’ a passeggio devi anche venire a cena da noi. Dunque sbrigati. Molto volentieri ma qui disse l’ingegnere dal suo divano di pelle cos’è mai quest’ alzarsi di colpo cenare andare a passeggio dar consigli? Non avrò capito qualcosa. Soprattutto Franz niente scherzi. E' la cosa più importante. Ti faccio immediatamente il favore. Ma alzati – per te cenerei magari due volte piuttosto che alzarmi una volta sola. Dunque ora su! Niente obbiezioni. Oskar prese il pigrone per la giacca e lo tirò su. Però lo sai che sei brutale. Ci facciano tutti attenzione. Si nettò con i mignoli gli occhi chiusi. Parla. Ti ho già strappato in questo modo una volta dal divano. Ma Franz disse Oskar facendo una smorfia vestiti una buona volta. Mica sono il matto che ti sveglia per un nulla. – E così per un nulla io non ho dormito. Ieri ho avuto il turno di notte, dopodiché finalmente sono venuto a fare il mio sonnellino pomeridiano; è colpa tua – perché? Ma  mi fa arrabbiare sul serio la poca considerazione che hai per me. Non è la prima volta. Certo tu come studente universitario sei più libero e puoi fare quel che vuoi. C’è chi non ha tale fortuna. Ci vuole riguardo porca miseria. Certo sono amico tuo ma per questo non è che son dispensato dal lavoro. – Esponeva la cosa agitando qua e là pigramente le mani. Come faccio a non pensare data la tua presente parlantina che tu abbia dormito più che a sufficienza disse Franz che si era appoggiato a una colonna del letto da dove osservava l’ingegnere come se ora avesse più tempo. Allora che cosa vuoi di preciso da me? O per meglio dire perché mi hai svegliato domandò l’ingegnere e si grattò energicamente la gola sotto la sua barba caprina con quella dimestichezza che si ha con il proprio corpo dopo aver dormito. Che cosa voglio da te disse Oskar piano dando di tacco un colpo al letto. Pochissimo. Te l’ho già detto dall’anticamera. Che ti vesta. Se con ciò Oskar mi vuoi segnalare che m’interessa pochissimo la tua novità hai perfettamente ragione. Va bene così certo così la tortura che i genitori t'infliggeranno sarà tutta colpa loro senza che la nostra amicizia ci vada di mezzo. Anche la spiegazione sarà più chiara è di chiarezza che ho bisogno non dimenticarlo. Se però stai magari cercando colletto e cravatta sono lì sulla poltrona. Grazie disse l’ingegnere e cominciò a mettersi colletto e cravatta su te si può davvero contare.

* Il testo presenta una notevole assenza d'interpunzione. Ciò rende incerto, a momenti, capire chi ha la parola. 
** Le frasi pronunciate dai personaggi mancano tutte di virgolette, tranne questa.
*** “10” nel testo.


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