mercoledì 18 febbraio 2015

Falsa coscienza in "Un cane ricercatore"

Chi abbia avuto la pazienza di leggere il testo che precede, come altri di K privo di titolo originale ed intitolato a cura nostra "Un cane ricercatore", avrà forse notato che in esso non si fa menzione alcuna della presenza umana - del padrone o meno: il cane che racconta le sue ricerche, per meglio dire, non accenna mai agli uomini, eppure ha come oggetto massiccio, di ricerca e di resoconto della medesima, il modo come il nutrimento pervenga ai cani. Certo, si fa riferimento numerose volte ad un imprecisata erogazione di nutrimento dall'alto, ciò che potrebbe alludere alla mano dell'uomo che ciba i cani. Quale reticenza!
Comunque sia, K ha voluto inquadrare le bislacche "attribuzioni causali"* e le credenze e superstizioni canine in merito all'origine del nutrimento - certo esso non dipendente solo dalla mano umana - nella cornice della falsa coscienza. 
Dal momento però che superstizione e falsa coscienza non sono cose da cani, e nemmeno la scienza, né la ricerca, oggetti espliciti del testo di K, noi concludiamo affermando che in esso non sono in questione i cani.

*Con "Attribuzione causale", concetto filosofico prima e oggetto della scienza cognitiva poi, s'intende il dare una causa, un perché, ad un qualche fenomeno. Ricordiamo M.Hewstone, uno studioso inglese di tale materia, e naturalmente D.Hume.

(Non è del tutto impensabile, del resto, che K abbia immaginato un mondo parallelo abitato da cani e da altri animali - ad un tratto si fa effettivamente cenno ad altri animali - ma non da umani, per cui saremmo nell'ambito della utopia)

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