mercoledì 23 maggio 2012
F.Kafka: Fracasso immane
Nella mia stanza mi trovo nel quartier generale del fracasso dell’intero appartamento. Sento sbattere tutte le porte, nel cui fracasso mi vengono risparmiati solo i passi di chi si muove tra l’una e l’altra porta, inoltre sento chiudere lo sportello del forno, in cucina. Il padre spalanca la porta della mia stanza e passa semidiscinto in vestaglia, dalla stufa nella stanza accanto si raccoglie la cenere, Valli chiede, urlando ogni singola sua parola nella stanza qui davanti, se il cappello del padre è stato ben pulito, inoltre un bisbiglio che vorrebbe essermi amico suscita l’urlo d’una voce che gli risponde. Si apre la porta d’ingresso con un rumore d’una gola scatarrante, poi si riapre sopra la voce d’una donna che canta, e si chiude infine con una cupa virile botta, irriguardosissima. Il padre è uscito, ora comincia il diffuso, più leggero, disperato chiasso dei due canarini. Molto prima che questa faccenda dei canarini tornasse ad irrompere in me, pensavo di aprire uno spiraglio della porta, di strisciare come un serpente nella stanza accanto e, dal pavimento, implorante, di chiedere tregua alle mie sorelle e alla loro servetta.
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