mercoledì 30 maggio 2012

F.Kafka:Un sogno

Joseph K. sognò che era una bella giornata; aveva voglia di andare a passeggio, ma, fatti pochi passi, si trovò al cimitero in un complicato scomodo groviglio di vialetti assai artificiosi. Ciò nonostante K transitò lungo uno di questi vialetti librandosi imperturbabile, come se fosse portato sul pelo di un’acqua trascinante. Già da lontano puntò lo sguardo in direzione di un tumulo scavato da poco, dove volle fermarsi. Il tumulo esercitava su K una certa attrazione, tanto che lui pensò di non farcela proprio, ad arrivarci abbastanza velocemente. Quando vide meglio il tumulo, tuttavia, certi stendardi che si attorcigliavano e sbattevano l’uno contro l’altro con gran forza glielo nascosero; i portatori degli stendardi non si vedevano, ma era come se in quel punto vi fosse un gran giubilo. Mentre stava regolando lo sguardo ancora sulla distanza, d’improvviso vide il tumulo vicino, accanto al vialetto, già quasi dietro di sé. Svelto percorse a salti l’erba, ma i suoi passi scattanti si bloccarono ancora, K si volse, e cadde in ginocchio precisamente davanti al tumulo. Due uomini che si trovavano nella fossa tenevano sollevata tra le mani una pietra tombale; comparso K, i due la sbatterono in terra, e quella restò come saldamente murata. Subito sbucò da un cespuglio un terzo uomo, che K riconobbe essere un artista: non indossava altro che un paio di pantaloni e una camicia semi sbottonata, in testa un berretto di velluto, in mano una normale matita con cui, in aria, andava tracciando accuratamente certe figure. Con questa matita in mano l’artista si addossò alla pietra, che era molto alta e lo costringeva, mentre si sosteneva con la mano sinistra alla sua superficie, a stare in una posizione scomoda, perché il tumulo, da cui lui non voleva staccarsi, distava dalla pietra stessa. Gli bastò una certa speciale manipolazione della sua normale matita per tracciare lettere dorate; scrisse: “Qui giace”. Ogni lettera gli veniva bella netta, ben incisa, perfettamente d’oro. Scritte le due parole, l’artista si girò a guardare dalla parte di K. Questi, assai voglioso di conoscere il seguito dell’iscrizione, si curò appena dell’artista, guardando solo la pietra. In effetti l’artista si rimise a scrivere, ma non poteva, qualcosa glielo impediva, lasciò cadere la matita e di nuovo guardò verso K. Stavolta anche K guardò l’artista e si accorse che costui era fortemente imbarazzato, ma incapace di dirne la ragione. Tutta la sua energia era scomparsa. Anche K provò imbarazzo, i due si scambiarono sguardi impacciati; un orribile malinteso che nessuno poteva sbrogliare. Per di più, in quel momento inopportuno, un campanello dalla cappella mortuaria suonò; l’artista levò la mano in alto accennando qualcosa e si mise in ascolto. Poco dopo il campanello ricominciò, stavolta pianissimo, senza che ce ne fosse bisogno, ma smise subito; era come se volesse fare una prova. K, reso sgomento dalla situazione in cui si trovava l’artista, si mise a piangere e a singhiozzare a lungo con le mani sul viso. L’artista aspettò finché K non si fu calmato, quindi si decise, in mancanza di alternative, a riprendere il suo lavoro. Al primo suo piccolo tratto di matita K si sentì liberato, tuttavia l’artista riuscì a renderlo chiaro soltanto con la massima contrarietà, anche la scrittura non era più bella, prima di tutto pareva che mancasse di oro, il tratto si trascinava scolorito e incerto, solo la lettera risultava ora assai grande. Una J; era quasi già terminata, quando l’artista colpì infuriato il tumulo con un piede, tanto che la terra volò tutta intorno per aria. Allora K capì, di pregare l’artista non c’era più tempo; ficcò le dita in quella terra facile da scavare, tutto era pronto, sembrava che solo in apparenza ci fosse un sottile strato di terra tirata sopra, subito sotto si apriva una grossa buca dalle pareti ripide, dove K sprofondò rotolando di spalle morbidamente. Dal basso già stava rialzando la testa, lui, ma venne afferrato dall’inesorabile profondità, mentre sulla pietra il suo nome riccamente abbellito di ornamenti scorreva in alto. Rapito da una simile visione, Joseph K. si destò.

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