venerdì 15 giugno 2012
F.Kafka: L'incrocio
Ho uno strano animale, mezzo gatto, mezzo agnello. Si tratta di un’eredità della mia famiglia, proprietà di mio padre, ma si è conformato quando io ero piccolo, prima era molto più agnello che gatto, ora invece ha senza dubbio lo stesso di entrambi. Del gatto ha testa e unghie, dell’agnello la mole e le forme, di entrambi gli occhi dolcemente lampeggianti, il pelame, aderente, soffice e corto, e le movenze, tanto saltellanti quanto guardinghe; si acciambella sul davanzale alla luce splendente del sole e fa le fusa, corre come un matto per i prati, imprendibile, scappa davanti ai gatti, vuole assalire gli agnelli, durante le notti di luna è la grondaia il suo percorso più amato, non sa miagolare e al cospetto dei topi si disgusta, può stare per ore in agguato accanto al pollaio, però ancora non ha mai colto l’occasione per compiere un assassinio, io lo nutro di latte, la più dolce, la migliore cosa per lui, lo inghiotte a grandi sorsate stando sulle sue zampe ferine. Naturalmente per i bambini è un grande spettacolo. La domenica a mezzodì è ora di visita, io lo tengo in grembo e i bambini di tutto il vicinato mi attorniano. Vengono fatte le domande più curiose, allora, cui nessun essere umano può rispondere. Io non mi sforzo per nulla, invece mi accontento, senza ulteriori spiegazioni, di farlo vedere com’è. Qualche volta i bambini portano con sé dei gatti, in un caso hanno portato perfino due agnelli, tuttavia, contrariamente a quanto si aspettavano, non ci fu nessuna scena di riconoscimento, gli animali si guardarono a vicenda negli occhi di bestia ed apparentemente accolsero il loro essere come realtà di natura reciprocamente divina.
Nel mio grembo l’animale non conosce né timore né fregola della caccia. Stretto a me sta benissimo. E’ legato alla famiglia che lo ha tirato su. Non che sia una straordinaria fedeltà, piuttosto si tratta dell’appropriato istinto di un animale che di certo innumerevoli volte imparentato sulla terra non ha tuttavia alcun consanguineo disponibile e sente sacra la protezione che senza dubbio ha trovato presso di noi. Qualche volta mi viene da sorridere, quando si mette ad annusarmi, mi cammina tra le gambe attorcigliandosi e quasi non riesco a svincolarmi. Non basta che sia agnello e gatto, vuol essere anche una specie di cane. Cioè, io credo, assomigliante quanto alla dignità. Di entrambi ha l’irrequietezza, quella del gatto e quella dell’agnello, per quanto siano eterogenei. La sua pelle perciò gli sta stretta. Per lui forse il coltello del macellaio sarebbe una liberazione, che io però devo rifiutare, perché si tratta di un’eredità della mia famiglia.
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