domenica 17 giugno 2012

F.Kafka: Una visita in miniera

Oggi gli ingegneri di grado più elevato erano giù con noi. C’è stata qualche disposizione dirigenziale di attrezzare nuove gallerie, per cui gli ingegneri sono venuti dabbasso per dare inizio alle primissime misurazioni. Come sono giovani, costoro, e nello stesso tempo già tanto reciprocamente diversi! Tutti sono cresciuti senza coercizioni, ed i loro caratteri, chiaramente stabiliti già nei primi anni, appaiono indipendenti. Uno, dai capelli scuri, vivace, guarda da ogni parte. Un secondo, dotato di un blocco per appunti, mentre cammina scrive, si guarda intorno, annota. Un terzo, le mani nelle tasche della giacca che per questo gli si tende tutta addosso, procede eretto; mantiene la dignità; solo nel suo continuo mordersi le labbra traspare, non troppo marcatamente, la giovanile impazienza. Un quarto fornisce al terzo chiarimenti non richiesti; più basso, come un tentatore che lo insegue, sembra che reciti soprattutto una litania: che cosa c’è da vedere qui. Un quinto, forse quello di grado più elevato, non tollera alcuna compagnia; alla svelta si trova in testa, o in coda; gli altri regolano i loro passi sui suoi; è pallido e fragile; la responsabilità gli ha scavato gli occhi; si preme spesso, nel riflettere, la mano sulla fronte. Il sesto e il settimo camminano un po’ curvi, le teste vicine, a braccetto, conversando confidenzialmente; se non fossero evidenti, qui, la nostra miniera di carbone e il lavoro che facciamo, si potrebbe pensare che questi signori ossuti, imberbi, con il naso a patata, siano dei giovani ecclesiastici. Uno continua a farsi delle risatine che sembrano le fusa di un gatto; anche l’altro ride, guida la conversazione e a questo scopo con la mano libera dà come il tempo. Come devono essere sicuri del loro impiego questi due signori, e quale stipendio, a dispetto della loro giovane età, devono essersi già conquistati nella nostra miniera, per potere qui, durante una visita così importante, sotto gli occhi dei loro superiori, permettersi di trattare, imperturbabilmente, solo di questioni particolari o comunque estranee all’immediata incombenza! O invece loro, nonostante tutto il ridere e la sbadataggine, rilevano benissimo quel che serve: possibile? Su tali signori si osa a mala pena dare un giudizio ponderato. D’altra parte è certo, tuttavia, che l’ottavo, per esempio, sta più attento, senza confronto, di questi e anche più di tutti gli altri signori. Deve toccare tutto e picchiettare con un martelletto che seguita a tirar fuori ed a rimettere in tasca. A tratti s’inginocchia nello sporco, nonostante il suo elegante abito, e colpisce il suolo, successivamente, mentre riprende il cammino, le pareti o il soffitto al di sopra della sua testa.In un caso si è messo lungo disteso ed è rimasto lì fermo, noi già a pensare che fosse capitato un guaio; ma poi è saltato su con solo uno scatto del suo fisico slanciato. Aveva fatto, dunque, una verifica, nient’altro. Noi credevamo di conoscere la nostra miniera e le sue pietre, ma non riusciamo a capire su che cosa indaga così senza sosta questo ingegnere. Un nono spinge davanti a sé una specie di carrozzina per bambini dove si trovano gli apparecchi di misurazione. Costosissimi strumenti affondati negl’intarsi di un contenitore ovattato. Veramente a spingere il carretto dovrebbe essere un sottoposto, ma non glielo si affida; deve stargli accanto un ingegnere, e, come si nota, lo fa volentieri. E’ davvero il più giovane, forse ancora non conosce tutti gli strumenti, comunque il suo sguardo ci ritorna di continuo, perciò corre quasi il rischio, a volte, di sbattere il carretto contro una delle pareti. Ma ad evitar ciò un altro ingegnere cammina accanto al carretto. Costui evidentemente conosce gli strumenti in modo completo e sembra esserne il più autentico custode. Di tanto in tanto ne prende uno senza fermare il carretto, ci guarda attraverso, avvita, svita, scuote e dà colpetti, lo porta all’orecchio e ascolta; infine lo rimette nel carretto, si tratta di un oggettino appena visibile da lontano, mentre il conduttore durante la maggior parte dell’operazione resta fermo. Quest’ingegnere è un po’ prepotente, ma soltanto in nome degli strumenti. A distanza di dieci passi davanti al carretto noi dobbiamo, basta un segno delle dita senza parole, farci da parte, anche lì dove non c’è nessuno spazio disponibile. Dietro questi due signori cammina il sottoposto, sfaccendato. Ciascuno dei signori ha da tempo naturalmente maturato una certa fierezza dal suo sapere, il sottoposto invece l’ha racimolata dentro di sé. Una mano dietro la schiena, l’altra davanti, sui bottoni dorati, oppure a toccare la fine stoffa della sua livrea, il sottoposto annuisce ripetutamente a destra e a sinistra come se noi ci fossimo inchinati e lui rispondesse, o come se supponesse che noi ci fossimo inchinati senza poterlo, dal suo alto livello, verificare. Naturalmente non c’inchiniamo, tuttavia si avrebbe voglia quasi di prenderlo, se non fosse incredibile, per un usciere di segreteria presso la direzione della miniera. Del resto gli ridiamo dietro, ma nemmeno un colpo di tuono potrebbe farlo voltare, lui resta incomprensibile, nonostante la nostra attenzione. Oggi si è lavorato poco, dopo la visita; l’interruzione era ingombrante; via tutti i pensieri di lavoro, troppo allettante osservare i signori nel buio della galleria sperimentale, dentro cui sono tutti spariti. Anche il nostro turno è finito presto; non potremo più vedere il loro ritorno.

Nessun commento:

Posta un commento