giovedì 21 giugno 2012
F.Kafka:Lampade nuove
Era la prima volta che mi trovavo nella segreteria della direzione, ieri. Il nostro turno di notte mi ha delegato e, visto che non va bene come son fatte e come si riforniscono le nostre lampade*, io lì dovevo venire a capo di questo problema. Mi si indica l’ufficio competente, io busso ed entro. Un giovane esile, molto pallido, mi sorride dalla sua scivania. Annuisce molto, troppo. Non so se posso sedere, è vero che c’è una sedia a braccioli pronta, ma penso che alla mia prima visita forse non devo sedermi subito, ma fargli un rapporto sulla faccenda restando in piedi. E’ proprio a causa di tale riserbo, tuttavia, che provoco nel giovane dell’evidente imbarazzo, infatti è costretto ad alzare verso di me il viso, posto che non voglia, e non lo vuole, spostare la sua sedia. D’altra parte però, nonostante ogni premura, lui non arretra completamente la testa, perciò guarda in su sbilenco, durante il mio rapporto, a mezza strada tra me ed il soffitto; io anche, senza volere. Appena ho finito, si alza lentamente, mi batte sulle spalle, dice: bene, bene – bene bene, e mi spinge nella stanza accanto, dove un signore con una gran barba incolta evidentemente è rimasto in attesa, visto che sulla sua scrivania non c’è nessuna traccia visibile di qualche lavoro, in compenso una porta a vetri aperta dà in un giardinetto con fiori e siepi in abbondanza. Poche parole di chiarimento sussurrategli dal giovane bastano al signore ad afferrare i nostri molteplici problemi. Senza indugio si alza e dice: dunque, mio caro – esita, vuol sapere il mio nome, credo, e perciò io apro la bocca per presentarmi un’altra volta, ma lui m’interrompe: sì, sì, va bene, ti conosco benissimo – dunque la tua, o la vostra, richiesta è certamente accolta, io e i signori della direzione siamo gli ultimi ad essere riconosciuti nel nostro valore. Il bene delle persone, credimi, ci sta più a cuore del bene dell’azienda. Perché no? L’azienda si può rifare di nuovo, costa solo soldi, al diavolo i soldi, invece un essere umano va in malora, cioè, appunto, un uomo va in malora, resta la vedova, i figli. Ah, tu, amata generosità! Perciò è altamente benvenuta tra noi qualunque proposta d’introdurre nuova sicurezza, nuova illuminazione, nuova comodità e lusso. Chi viene con questo scopo è il nostro uomo. Tu lasciaci qui dunque le tue proposte, noi le valuteremo attentamente, si dovesse poter imbastire qualche piccola splendida novità, noi non mancheremo e andremo fino in fondo, ben vengano le vostre lampade. Però di’ ai tuoi laggiù**: finché non avremo realizzato nelle vostre gallerie un salotto noi qui non staremo con le mani in mano, e se alla fine voi non morirete in stivaletti di vernice non avremo pace. E con questo, i miei rispetti.
*A petrolio.
** In miniera.
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